La formazione del giurista

AutorNatalino Irti
Páginas38-43

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  1. Perché una Facoltà giuridica, anti-ca di otto secoli, famosa per maestri e tra-dizione di studî, giunge a interrogarsi sulla propria identità? perché oggi cerchiamo, in colloquio con altri ordini, di capire o ricos-truire il senso del nostro ufficio?

    Le risposte - le mie risposte - non avranno un andamento medico, di "dia-gnosi" e "terapia", o di "guasto" e "ripara-zione", ma soltanto descrittivo. Una lettura delle cose come sono, un impegno a co-gliere la logica di ciò che, accadendo intor-no a noi e dentro di noi, non si lascia ripu-diare con gesti di fastidio o con sospiri di nostalgia.

    Ci troviamo in un'età di transizione, inuno di quei periodi di mezzo, dove scopi e forme di ieri non ci sono più, e scopi e forme di domani non ci sono ancora. Ve-diamo istituzioni che declinano e tramon-tano; percepiamo appena il nuovo inizio, i contorni di istituzioni future.

    Intanto, da dove veniamo? Volgendo lo sguardo al passato, e tornando indietro di circa due secoli, mi sembra di scorgere trefasi storiche delle Facoltà di giurisprudenza. Si tratta, certo, di una semplifica-zione, che tuttavia giova alla chiarezza del discorso: per tale è enunciata e per tale va accolta. La prima fase storica si colloca sul principio del secolo XIX, negli anni di fon-dazione dell’Università di Berlino. Ci as-sale non so che stupore o smarrimento quando percorriamo la disputa, che dis-chiuse quell'inizio: grandi voci di pensato-ri, inaudito orizzonte di problemi: Schel-ling, Fichte, Humboldt, Schleiermacher. La Facoltà di giurisprudenza - posta fra teologia, medicina, e filosofia - è destina-ta, al pari delle altre, all'educazione spiri-tuale dell'uomo, a risvegliare la pienezza interiore dell'individuo. Perciò essa non è una semplice scuola; il sapere giuridico non si disgiunge dalle altre forme del sapere, e insieme con queste confluisce in un tutto, in un centro comune, che dà senso a ciascuna di esse. L'acquisizione di conos-cenze, utilizzabili nel mondo della prassi, non è il fine dell’Università. Si badi: i pen-satori dell’idealismo tedesco ben percepis-cono il rapporto tra Facoltà giuridica e bi-sogni organizzativi della società, e così il corrispondere di essa a una "funzione esteriore" (sono parole di Schleiermacher), ma

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    reputano che tale esigenza sia da soddisfa-re oltre efuori dell’Università. La teoria e la tradizione del sapere appartengono all’Università; il tirocinio pratico appartie-ne alle scuole. Università e scuole sono mondi separati.

    Già in questi cenni, in questo sguardo gettato sulla fondazione dell'Università te-desca, la quale subito diviene modello per la scienza europea, ci sono tutti i problemi, tutte le domande, che accompagneranno in due secoli - ed oggi stringono più da vici-no - le Facoltà di giurisprudenza. Allora le "funzioni esteriori", gli impieghi del sapere nella soddisfazione di bisogni indivi-duali e sociali, non riescono a penetrare nell'Università, non minacciano il sistema della conoscenza, non colpiscono pienezza e unità dell'uomo. Questi caratteri sono garantiti e presidiati da una concezione in-tegrale e piena dell’essere umano, dall'uni-tà del soggetto come principio e fine di ogni istituzione.

  2. Le Facoltà giuridiche entrano in un'altra fase storica già nella seconda metà del secolo decimonono, quando il trionfan-te positivismo, la nascita delle scienze sociali, la rivoluzione industriale, l'espansio-ne egemonica della borghesia, chiedono un nuovo rapporto tra il sapere e ilfare. Il lavoro, cioè l'uso del sapere, assume impor-tanza decisiva: tutto è valutato in vista del lavoro, scienza insegnamento istituzioni. E poiché il lavoro è governato dal principio di divisione - sicché ciascuno fa il suo, e lo svolge bene se "sa il fatto suo" -, ecco che l'uomo viene considerato in questa specifi-ca e concreta destinazione. Il lavoro è mi-sura dell'uomo; e perciò ne divide e scom-pone l'unità.

    Certo nessuno, o pochi, sono capaci di analisi lucide e impietose. L'unità sistematica del sapere è sempre affermata e di-fesa. Essa ha sì perduto il sostegno della filosofia tedesca, ma ha dalla sua potenze di altrettale vigore: tradizione delle Università, ideologie della politica, forza uni-ficante dei codici, eredità del diritto romano. La fase umanistica è tramontata; si è aperta la fase, che chiamerei tecnico-fun-zionale, ma nessuno ancora ardisce di di-chiararlo.

    Eppure, anche nei piani più...

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