Il linguaggio politico delle donne nel recente femminismo italiano

AutorSandra Rossetti
Páginas54-69
Periódico do Núcleo de Estudos e Pesquisas sobre Gênero e Direito
Centro de Ciências Jurídicas - Universidade Federal da Paraíba
Nº 02 - Ano 2015
ISSN | 2179-7137 | http://periodicos.ufpb.br/ojs2/index.php/ged/index
54
DOI: 10.18351/2179-7137/ged.2015n2p54-69
IL LINGUAGGIO POLITICO DELLE DONNE
NEL RECENTE FEMMINISMO ITALIANO
Sandra Rossetti
1
Abstract: This study takes the ideas of two
renowned 20th century political philosophers,
as its reference point: Simone Weil and
Hannah Arendt. They were among the first
scholars to speak up in a man’s world. The
study will try to shed some light on how
political thought and gender were intertwined
during the last century. We will thus try to
understand whether a feminine language
exists, which is able to pierce through a politics
that has always been based on hierarchy and
domination, as feminists claimed. By
following this path - where women have been
active in recent decades - the study will
highlight the key words and will detect their
echo (or their absence) in the language through
which the recent women’s movements became
the protagonists of Italian politics.
Keywords: gender, equality, difference,
feminism, power
1. Introduzione
Obiettivo di questo saggio è una
considerazione del linguaggio politico
attraverso cui i recenti movimenti femministi
del nostro Paese hanno preso la parola sulla
scena pubblica, nelle piazze, nelle assemblee e
nelle reti virtuali del web, dopo alcuni decenni
in cui l’attivismo si era contratto nelle voci di
poche donne che nelle associazioni, nei centri
di documentazione, nelle biblioteche, sorti
1
Questo contributo costituisce una rielaborazione del mio saggio “Il linguaggio politico delle donne tra passato e futuro”,
pubblicato nel volume di Giol o e Re (2014). Tale rielaborazione è stata realizzata anche grazie alle informazioni fornite
da Lucia Re nella sua “Introduzionea questo volume. E-mail: sandra.rossetti@unife.it
durante la seconda ondata degli anni Settanta,
provavano a dare continuità al discorso
femminile. Occasione del nuovo protagonismo
è stata l’indignazione suscitata dalla
rappresentazione delle donne come nudo
oggetto di scambio sessuale, che in Italia in
questi ultimi anni ha invaso le pagine dei
giornali, i servizi televisivi, la pubblicità, le
relazioni di lavoro, giungendo a colonizzare la
stessa sfera della politica istituzionale. La
rabbia e lo sdegno si sono socializzati in un
movimento collettivo che ha inaugurato la sua
nascita politica il 13 febbraio 2011, giornata in
cui le piazze di molte città italiane sono state
invase da donne (di diverse generazioni e di
differenti provenienze culturali, religiose,
sociali e politiche) non più disposte a tacere, a
sostenere e a giustificare questi stili di vita
lesivi della dignità femminile e, insieme, della
cultura e delle istituzioni italiane.
Nella consapevolezza che
comprendere significa proiettare l’oggetto
indagato entro una struttura sincronica e
diacronica di relazioni al fine di individuare
continuità e differenze, gli elementi
Periódico do Núcleo de Estudos e Pesquisas sobre Gênero e Direito
Centro de Ciências Jurídicas - Universidade Federal da Paraíba
Nº 02 - Ano 2015
ISSN | 2179-7137 | http://periodicos.ufpb.br/ojs2/index.php/ged/index
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DOI: 10.18351/2179-7137/ged.2015n2p54-69
caratterizzanti il nuovo femminismo saranno
messi a fuoco attraverso una loro rifrazione
entro lo spettro semantico di altri linguaggi
politici al femminile: del femminismo italiano
degli anni Settanta e del pensiero politico di
due filosofe vissute nel Novecento: Hannah
Arendt e Simone Weil. Se le ragioni che
motivano il primo confronto sono del tutto
evidenti, dato che la seconda ondata costituisce
il precedente immediato dei nuovi eventi ed è
stata, inoltre, l’orizzonte all’interno del quale
sono cresciute e si sono formate molte donne
che stanno animando quella più recente, meno
ovvie sono le ragioni del secondo, anche in
virtù del fatto che Hannah Arendt e Simone
Weil sono intellettuali che, durante il loro
percorso e di vita e di pensiero, hanno, in più
occasioni, dichiarato la loro estraneità al
femminismo otto-novecentesco. La rilevanza
al femminile di queste due autrici manifesta
però tutta la sua portata quando si consideri la
filosofia politica da loro prodotta. Arendt e
Weil acquistano cioè importanza perché sono
le prime donne che, attraverso una formazione
filosofica di alto rango, acquisita nelle stesse
istituzioni in cui avveniva quella maschile,
sono riuscite a produrre un pensiero capace di
un confronto radicale con le categorie politiche
della tradizione patriarcale; confronto che ha
consentito loro di acquisire i mezzi attraverso i
quali produrre un rovesciamento teoretico sul
suo stesso terreno ed, insieme, una definizione
rivoluzionaria del politico a partire dal loro
sguardo atopico di donne-filosofe.
2. Il linguaggio politico delle donne
2.1 Hannah Arendt e Simone Weil: il
rinnovamento linguistico dell’Occidente
Se un linguaggio politico è tale in
quanto fa riferimento a questioni rilevanti a
livello collettivo, come ad esempio le modalità
dell’essere-insieme e in quanto non si limita a
descrivere stati di fatto a partire da atti locutori
ma vuole provocare mutamenti nello stato
delle cose, attraverso enunciati illocutori, il
linguaggio di Hannah Arendt lo è in modo
autentico in quanto ha fatto del noi,
dell’essere-insieme degli umani, l’origine e il
télos della sua riflessione. Obiettivo critico dei
suoi libri, The Origins of Totalitarism (1951),
The Human Condition (1958), On Revolution
(1963) e dei numerosi saggi pubblicati
all’interno di riviste o di raccolte è infatti la
realtà politica e storica del suo tempo (della
prima metà del Novecento) dilacerata dalle due
guerre mondiali e dai totalitarismo di cui lei
stessa è stata vittima. In questi fenomeni
l’autrice ha visto il compimento catastrofico di
un dispositivo depositato nel cuore della
tradizione occidentale e operante in gran parte
dei suoi avvenimenti storici: la sostituzione
dell’agire con il fare. Mentre il fare è da lei
definito come un’attività che intende creare o
modificare stati di cose a partire da un modello
predefinito prodotto da un autore (l’homo

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