Per un diritto costituzionale delle autonomie locali

AutorPaolo Carrozza
CargoProfessore Ordinario di Diritto pubblico europeo e comparato, Scuola Superiore di Studi Universitari e Perfezionamento Sant’Anna di Pisa, Italia
Páginas85-124

Parole Chiave: Diritto Constitutzionale; Autonome locali; Giurisdizione.

Keywords: Constitutional Law; Municipalities; Jurisdiction.

Page 85

1. Breve premessa storico-comparatistica Gli enti locali dopo il nuovo Titolo V: dalla “garanzia istituzionale” dell’autonomia locale ad un nuovo “diritto costituzionale” degli enti locali? Modelli italiani ed europei a confronto

Uno tra i principali elementi di novità del nuovo Titolo V della Costituzione consiste, come è noto, nel superamento del principio della "garanzia istituzionale" delle autonomie locali contenuto nel vecchio art. 128 Cost., a sua volta imitazione dell'analogo principio proclamato dalla Costituzione di Weimar nel 1919 (art. 127), successivamente ripreso, oltre che all’art. 28 della Costituzione tedesca del 1949, anche dalla Costituzione spagnola del 1978 (art. 140).

Molto schematicamente si può dire che la disciplina costituzionale delle autonomie locali ha conosciuto tre tipi o modelli principali.

Innanzitutto la disciplina tipica degli stati federali “storici”, come la Svizzera e gli Stati Uniti, nei quali l’unità base della forma di stato federale è costituita dagli stati -membri: sono dunque le costituzioni di questi ultimi a dettare, eventualmente, specifiche norme sulle rispettive “autonomie locali”, mentre le costituzioni federali, concernendo per lo più la disciplina dei poteri della federazione e i rapporti federazione - stati, tacciono sul punto, come ad es. la Costituzione degli Stati Uniti, o si limitano ad un mero rinvio alle costituzioni degli stati-membri1.

Quantomeno con riferimento alla Svizzera – il discorso sugli Stati Uniti è più complesso e differenziato – le costituzioni cantonali dedicano comunque ampio spazio alle rispettive autonomie, che dunque risultano “costituzionalmente garantite” (solo) in sede cantonale2.

Page 86

L’altro modello storico è quello dello stato accentrato giacobino-napoleonico, che ha avuto in Europa continentale notevole successo sull’onda dell’espansione dei paradigmi istituzionali prima della Rivoluzione e poi della Restaurazione3: nel quadro di un’effettiva “atomizzazione” del rapporto stato-cittadini (sudditi), con conseguente eliminazione di qualsiasi corpo intermedio, l’antica (eventuale) autonomia municipale o comunale con l’organizzazione rivoluzionaria, perfezionata e consolidata nel periodo napoleonico, si trasforma in una rigida subordinazione degli enti locali al potere statale “centrale”, la cui più esemplare espressione è la nomina governativa (in realtà prefettizia) dei sindaci4. In simile contesto, la graduale affermazione dell’autonomia locale storicamente si è sostanziata nella rivendicazione dell’elettività dei sindaci da parte delle assemblee elettive locali e nel riconoscimento costituzionale dell’esistenza delle autonomie locali: la consueta formula della “riserva di legge statale” in materia di autonomie locali costituisce dunque la forma mediante cui l’autonomia locale acquista, nel tempo, “visibilità” costituzionale, peraltro assai limitata5.

Il modello della “garanzia istituzionale”, elaborato dalla dottrina tedesca sulla base dell’art. 127 della Costituzione di Weimar6, costituisce, probabilmente, un paradigma a se stante, anche se nella lettera di qualche costituzione europea non risulta facilmente distinguibile dalla (mera) riserva di legge statale.

La sua specificità consiste nell’impegno dello stato, mediante la propria legislazione, a sviluppare l’autonomia locale ed a garantirla non solo nei confronti dell’esecutivo e dell’amministrazione “centrali” (al quale fine sarebbe sufficiente la garanzia costituita dalla riserva di legge), quanto soprattutto nei confronti delle regioni (o come si chiamino gli enti intermedi), cui pure sono affidati, in misura maggiore o minore, compiti di disciplina legislativa della stessa autonomia locale.

Tale finalità della “garanzia istituzionale” è resa ben esplicita dal tenore dell’art. 28, c. 3, della Costituzione tedesca del 1949, in forza del quale la federazione si fa garante del rispetto dei principi dell’autonomia locale sanciti nei suoi primi due commi da parte delle costituzioni dei singoli Länder (che evidentemente, all’indomani del passaggio dall’Amministrazione Alleata all’autonomia costituzionale e organizzativa non si mostravano così disponibili nei confronti del rispettivo sistema di municipalità …).

Più generico, in quanto di portata più ampia ed indeterminata, risulta il principio di cui all’art. 5, c. 2, della nostra Costituzione7. Del pari meno efficace si è all’atto praticoPage 87 rivelato – in quanto considerato meramente orientativo – il precetto di portata analoga, ancorché ridotta, di cui all’art. 118, c. 3, Cost. nel vecchio testo, in forza del quale le regioni avrebbero dovuto esercitare le proprie funzioni amministrative mediante delega ai propri enti locali o “avvalendosi” dei loro uffici. Mentre il soppresso art. 128 Cost. completava il sistema di garanzie assolvendo alle medesime funzioni di cui all’art. 127 della Cost. di Weimar, e dunque assicurando alle autonomie locali una legislazione statale che ne salvaguardasse – si dirà tra breve come - l’autonomia.

Questa duplice finalità “garantista” delle autonomie locali, sia nei confronti degli organi statali che degli enti sub-statali, risulta evidente ove si consideri, in Germania, Italia e Spagna, la particolare relazione “triangolare” stato / regioni / autonomie locali disegnata dalle rispettive costituenti “antiautoritarie”8: se è vero che, sul punto, ciascuno di questi paesi ha avuto vicende del tutto particolari, è anche vero che esiste una forte analogia di situazioni, che ben spiega il senso che l’istituto della “garanzia istituzionale” ha assunto per le autonomie locali di questi ordinamenti.

Gli aspetti comuni di tali esperienze sono in effetti molto semplici da descrivere a grandi linee: quando sono state proclamate, le rispettive costituzioni intendevano assicurare (nel caso della Germania) o organizzare (nel caso di Italia e Spagna), in evidente rottura col passato, un processo di trasferimento di poteri e funzioni dal “centro” in favore sia delle regioni (o come si chiamino i rispettivi enti di analoga dimensione), che delle autonomie locali. In sostanza si trattava di smantellare lo stato fortemente “accentrato” costruito dai regimi autoritari fascista, nazista e franchista (del resto, come ben noto, anche nel corso delle travagliate vicende del regime di Weimar non è che il principio federale, pure costituzionalmente sancito, avesse avuto particolare sviluppo): tali costituzioni innescavano dunque una dinamica istituzionale “centrifuga”, consistente in più o meno ampi trasferimenti di funzioni già “accentrate” verso la “periferia”, che costituisce l’opposto della dinamica istituzionale “centripeta” tipica dei federalismi storici, come quello statunitense o quello svizzero (coi quali presenta forti analogie, semmai, la dinamica istituzionale comunitaria)9.

Page 88

Ed è ben noto, senza che sia necessario spendere troppe parole al riguardo, come in tale processo di trasferimenti di poteri e funzioni dal centro verso la “periferia”, il sistema delle autonomie territoriali abbia dovuto fare i conti non solo con la forte resistenza degli apparati centrali, ma anche con una latente conflittualità tra regioni ed enti locali in ordine alla “spartizione” delle funzioni decentrate e con un’evidente tentazione “centralistica” di ciascuna regione, che ha toccato le sue massime vette – per mere ragioni di anzianità dei rispettivi apparati di governo e amministrativi – nelle cinque regioni a statuto speciale italiane.

La storia delle tre “ondate” di trasferimenti italiane in favore delle regioni ordinarie e delle autonomie locali (i primi undici decreti del 1972, il D.P.R. 616/1977 e la L. 59/1997 e successivi decreti attuativi) è al riguardo emblematica; il conflitto regioni / autonomie locali divenne particolarmente aspro a cavallo degli anni ’80, quando, a seguito dei nuovi trasferimenti di funzioni del 1977, un po’ in tutte le regioni ordinarie si diffuse il proposito di istituire enti territoriali intermedi, chiamati “comprensori” o “associazioni intercomunali”, mediante i quali ciascuna regione tentava di costruirsi un ente strumentale “proprio” quale destinatario privilegiato delle proprie deleghe di funzioni, in luogo dei delegatari “naturali” (comuni e province) previsti dal testo costituzionale secondo l’originario dettato dell’art. 118, c. 3, Cost.

Un particolare riflesso di tali vicende si può ravvisare nel diverso atteggiamento che i tre ordinamenti considerati hanno avuto in ordine alla questione della competenza “regionale” in tema di autonomie locali, che costituisce, per così dire, il “rovescio della medaglia” del paradigma della “garanzia istituzionale”...

Para continuar a ler

PEÇA SUA AVALIAÇÃO

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT